La ricotta è senza alcun dubbio una delle pietanze più rappresentative della Sicilia.

Nelle sue versione dolce e salato, conquista il palato di tanti, interpretando passaggi di storia gastronomica, usanze, riti.

Il suo sapore versatile ci permette di percorrere veri e propri itinerari del gusto, con paesaggi immersi nel verde tra greggi e mandrie, pascoli di collina e di montagna.

Sul pane con confettura o zucchero, o anche da sola è capace un glossario della cucina regionale.

Tra i vari modi di cucinarla pensiamo subito alla pasta con la ricotta, oppure la norma che per sua tradizione deve essere spolverata con una grattata di ricotta salata, oppure se parliamo di dolci, all’interno di un tipico cannolo siciliano.

Nella cultura rurale la stagione a cui viene associata è la Primavera tanto che è l’ingrediente principale di svariati piatti del periodo della Pasqua, dove immancabile sulle tavole era la Cassata che oggi invece si trova tutto l’anno.

 

Ma perché si chiama ricotta?

Il nome si identifica la preparazione di questo alimento, perché per ottenerla si impiega il siero che è rimasto dalla lavorazione del latte per produrre il formaggio. Questo liquido viene infatti cotto per la seconda volta e da qui appunto il nome di ricotta, ovvero cotto due volte.

Le sue origini di perdono davvero nei secoli: se ne trova traccia già nella civiltà egizia, tra i Sumeri, i Greci e anche i Romani. Una delle testimonianze più importanti è senza dubbio quella contenuta nell’Odissea di Omero: la grotta di Polifemo, infatti, era il luogo predisposto alla realizzazione della ricotta.

Quanto alla sua realizzazione ci sono diverse ipotesi:

Durante i lunghi tragitti si racconta che nel trasportare il latte fresco e non pastorizzato, ovviamente, con il calore del rialzo delle temperature, si siano formati dei coaguli che come fiocchi, si raccolgono per essere messe dentro i contenitori, prima di giunco – detti fascedde in dialetto siculo – e oggi solo di plastica.

Altra ipotesi, più accreditata, che durante la lavorazione del latte, siano emersi i fiocchi che assaggiati dai pastori risultarono molto buoni, nonostante il sapore acidulo.

Ad ogni modo questo latticino bianco e cremoso, morbido e profumato di erba è diventato ormami una delle preparazioni più diffuse e apprezzate della cucina, che sia di mucca, di capra o di pecora.

E’ il simbolo identitario di quel popolo contadino che si alimentava poco e con quello che la natura forniva in modo semplice e naturale, infatti, non a caso era definita tra i formaggi dei poveri.

Oggi al metodo tradizionale viene utilizzato quello industriale anche se Sicilia viene ancora usato il metodo degli “antichi” che preparavano la cosiddetta “ricotta con il siero” di latte crudo e senza fermenti, che viene messo da parte che si lascia riposare e successivamente si aggiunge il nuovo siero riscaldato.

Da un punto di vista nutrizionale poi la ricotta è fonte di proteine buone, con un basso contenuto calorico che la rende utilizzabile per le diete viceversa da evitare per chi soffre di intolleranze al lattosio.

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